Abiti dai colori vivaci e un sorriso spontaneo come pochi, creatività ed entusiasmo da vendere. Michela Bortolozzi è una giovane designer veneziana con le idee molto chiare: valorizzare l’artigianato della sua città (e non solo) inseguendo l’obiettivo di un turismo più responsabile.
Michela, creativa nomade
In una soleggiata giornata di febbraio incontro Michela Bortolozzi nel suo laboratorio in Campo dei Mori a pochi passi dalla chiesa della Madonna dell’Orto, un angolo di Venezia meno conosciuto ma davvero sorprendente. Appena entrata sono colpita dalle coloratissime creazioni in bella mostra e dal tavolo da lavoro “vissuto”, pieno di cera, stampi e utensili dove stanno prendendo forma nuove candele. Intuisco subito che ho davanti a me una personalità effervescente, sempre in movimento ed impegnata in mille attività.
Affabile ed ospitale prepara una moka di caffè mettendomi subito a mio agio mentre racconta del suo percorso artistico e dei numerosi progetti lavorativi e culturali che svolge a Venezia. Gli allestimenti curati per la Biennale, i corsi di scultura per le scuole d’arte della città, laboratori e tante idee per coinvolgere attraverso l’arte adulti e bambini: insomma Michela non ha certo il tempo di annoiarsi.
Ma sono i viaggi e le esperienze di lavoro all’estero la benzina per la sua creatività. Apprendista ceramista in Danimarca, glass designer in Germania per Utopia & Utility, poi a Lisbona per l’atelier Vasconcelos, in una galleria d’arte in Sud Africa, perfino in un piccolo villaggio del Kenya dove ha insegnato disegno ai bambini. E infine in Marocco, a Marrakech, dove nel 2013 ha preso parte ad un master in Design per lo sviluppo locale sostenibile che l’ha illuminata su come far dialogare lavorazioni artigianali, materiali e culture locali. Da allora il suo focus è diventato l’artigianato locale legato al turismo.
Eat & Run: dai lecca-lecca alle candele
Il progetto di cui Michela va molto orgogliosa (e come darle torto) nasce nella sua amata Venezia e si chiama Eat & Run. Un nome curioso e provocatorio che contrappone l’idea di un turismo consapevole e sostenibile a quello, appunto, mordi e fuggi. Pensiamo ad esempio al modo distruttivo di consumare dei viaggiatori moderni e alle città invase da oggetti tutti uguali e di scarsa qualità spesso realizzati in altri Paesi. In antitesi a questo modello, l’obiettivo di Eat & Run è restituire valore invece all’artigianato locale, fatto con passione e portatore di antichi saperi e tradizioni.
E pensate che tutto è nato da un lecca lecca! Ora vi spiego meglio. Ancora studente Michela propone un progetto per una forma di architettura commestibile. Disegna dei lecca lecca da passeggio ispirati alle trifore dei palazzi veneziani che sono poi prodotti e venduti come souvenirs. Questa sua idea fa riflettere esattamente sul concetto del turismo mordi e fuggi. «Così come la città, il lecca lecca viene desiderato, comprato, consumato, perdendo alla fine la sua entità. Quindi non è solo un lecca lecca, ma porta con sé un messaggio».
In seguito Eat & Run si arricchisce di altri prodotti sempre ispirati all’architettura di Ca’ d’Oro e Palazzo Ducale. Si tratta questa volta di orecchini stampati in 3D su plastica ecologica cosicché un turista possa indossare il ricordo della città. E ancora le candele Re-light Venice realizzate in cera recuperata. Una collezione, quest’ultima, con un profondo valore simbolico che aspira a restituire la luce ad una città straordinaria, fortemente provata da un periodo storico difficile tra l’acqua alta eccezionale del 2019 e la pandemia del Covid.
Dunque l’idea di un turismo sostenibile che si esprime anche nell’uso di materiali riciclabili, ma inteso soprattutto come sostegno ai luoghi e all’artigianato locale.
Artigianato locale, futuro globale?
In un flusso continuo tra collaborazioni già realizzate o appena avviate, sogni e desideri, Michela mi confessa la sua ambizione di fare di Eat & Run un progetto di respiro globale. Attingendo ai suoi attuali contatti nei vari Paesi e sempre alla ricerca di nuovi incontri, l’intento è costruire una rete di artigiani, designers e artisti per realizzare degli oggetti in altre città nel mondo.
Curiosa ed aperta a nuove culture, Michela ama viaggiare ma ancor di più parlare con la gente e poi raccontare le loro storie attraverso l’artigianato locale. In ogni angolo del mondo dove ha avuto l’occasione di spingersi, ha trovato una tradizione artigianale interessante da cui partire per dar vita a creazioni originali e cariche di significato. Ad esempio a Betlemme, nell’ambito del progetto Wool not Wall, ha creato oggetti di feltro bicolore usando la tecnica di cardatura della lana degli artigiani locali, per sensibilizzare i turisti sul delicato tema della divisione tra comunità ebraica e palestinese. O ancora in Marocco dove ha disegnato un vassoio in ottone che riprende la pianta e il reticolo di strade della città di Marrakech, realizzando così un souvenir originale che è al tempo stesso oggetto tradizionale e di design.
Chissà in quanti altri posti questa “creativa nomade”, come si definisce lei, potrebbe risvegliare un turismo più responsabile e sostenibile? Per il momento purtroppo i viaggi sono in stand by ma per fortuna pensieri e sogni continuano a volare e non si fermano mai. Michela sta già pensando alla prossima destinazione. Magari l’India!?
La diversità è una ricchezza e dobbiamo preservarla
Photo credits: Eat & Run